Ben ritrovati dal Rione Monti per questo terzo appuntamento in compagnia del nostro amico Sisto.
Oggi parleremo di un sito a voi tutti conosciuto, che potete tranquillamente ammirare dalla nota spiaggia di Santa Severa, a testimonianza di quanta storia è passata vicino ai nostri amati ombrelloni.
Pyrgi è il nome greco di una città portuale abitata dagli etruschi, di cui ancora non si conosce la denominazione originaria. L’area, già abilitata in epoca neolitica, ha visto sovrapporsi, nel corso dei secoli, insediamenti etruschi, un castrum romano fondato nel 270 – 260 a.C., una torre medioevale saracena del XI secolo sino alla costruzione del rinascimentale castello Orsini.
Sisto: “Pyrgi (Santa Severa), insieme ad Alsium (Palo Laziale) e Ponicum (Santa Marinella) era uno dei tre porti dell’antica città etrusca di Caere (Cerveteri). Nella seconda metà del VII secolo a.C. la sua struttura venne dotata di tutti i criteri urbanistici, come accadde ad Atene e Corinto, potenziata e fornita di acqua dolce, grazie a grandi opere di ingegneria idraulica.
Pyrgi era al tempo collegata con Caere da una via rettilinea carrabile larga 10 metri e lunga 13 Km.
Dopo svariati anni di studi, condotti dalla cattedra di etruscologia dell’Università La Sapienza di Roma, sono venuti alla luce, sulla spiaggia a sud dell’odierno castello, i resti di un vasto santuario, ritenuto tra i più importanti dell’Etruria. I due templi rinvenuti, denominati A e B per la sequenza della scoperta, hanno una cronologia storica inversa.
Nel VI secolo a.C. Thefarie Velianas, tiranno di Cerveteri, avviò il grandioso progetto che, nell’arco di cinquant’anni, portò alla sistemazione monumentale dell’area. Il primo ad essere stato costruito, il cosiddetto tempio B, era dedicato alla dea della navigazione tebana Leucothea. Esso consisteva in una struttura a cella unica con due file di quattro colonne sulla facciata e sei sui lati lunghi. Successivamente, nel 460 a.C., venne edificato il tempio A, con le colonne in facciata e tre celle sul fondo, con il quale Caere intendeva riaffermare la propria potenza dopo la sconfitta subita dagli Etruschi nel 474 a.C. nelle acque di Cuma. Di pregevole importanza sono i resti dell’altorilievo in terracotta dipinta, con la rappresentazione del mito dei Sette a Tebe, che in origine decorava la fronte posteriore.
Nel 384 a.C. Dionigi il Vecchio, tiranno di Siracusa, saccheggiò il sito portando con se un grande bottino. Successivamente, in un angolo dell’area sacra, fu costruita una vasca ed in essa vennero deposte le tre famose lamine d’oro con iscrizioni, due in etrusco ed una in fenicio. Le lamine, rinvenute nel 1964 durante una campagna di scavo diretta dall’etruscologo Massimo Pallottino, rappresentano un reperto storico di fondamentale importanza per la conoscenza della civiltà e della lingua del popolo etrusco. In esse viene menzionata la consacrazione del tempio alla dea etrusca Uni, assimilata alla fenicia Astarte, da parte di Thefarie Velianas, supremo magistrato della città di Caere.
Dal 2006 al 2009, i lavori di recupero e restauro dell’area interna al borgo ed al castello, hanno riportato alla luce ambienti eccezionali: basolati romani, opere reticolate, reperti in bronzo, ceramiche etrusche, romane e medievali, sepolture di un vecchio cimitero medioevale sui resti di una villa marittima romana ed in Piazza della Rocca la chiesa paleocristiana di Santa Severa.
Questa che vi sto raccontando è solo un frammento dell’enorme storia che racchiude questo luogo. Per coloro che desiderano fare degli approfondimenti consiglio le seguenti letture:
- Etruscologia - M. Pallottino. Milano, Hoepli, 1997;
- Gli Etruschi e il Mediterraneo: la città di Cerveteri - Francoise Gaultier. Paris, Somogy Editions d'Art, 2013;
- Santa Severa tra leggenda e realtà storica: Pyrgi e il Castello di Santa Severa alla luce delle recentiscoperte - di Flavio Enei. Pyrgi; Santa Severa 2013, (Grotte di Castro: Ceccarelli).
Prima di concludere, vi lascio con la testimonianza di Marco Faraoni, un Monticiano che ha partecipato ai lavori degli scavi archeologici.
Grazie a tutti per l’attenzione, alla prossima pillola.”
Per chi desidera ammirare parte degli oggetti rinvenuti può visitare il museo etrusco di villa Giulia a Roma, mentre altri innumerevoli reperti sono esposti al museo etrusco di Pyrgi (sul posto). Da non perdere la visita Museo Civico del Mare e della Navigazione Antica di Santa Severa.
IL SACRO ED IL PROFANO di Marco Faraoni
Correva l’anno 1986 ed io ero iscritto alla facoltà di lettere e filosofia, con indirizzo archeologico, alla sapienza di Roma. Mi trovai al campo estivo di scavo con il Prof. Giovanni Colonna, direttore degli scavi di Santa Severa, nell’antico porto di Caere, chiamato Pyrgi. Prima di lui il sito era stato scavato dall’etruscologo Massimo Pallottino. I nostri saggi non erano rivolti all’area dei due edifici religiosi, denominati tempio A e tempio B, ma in una settore dove si trovava il sacello delle prostitute sacre.
La prostituzione sacra (o prostituzione del tempio o prostituzione religiosa) è un rituale sessuale che consiste principalmente in un rapporto sessuale o in un'altra attività di tipo erotico svolta nel contesto del culto religioso predominante, in prevalenza all'interno degli stessi luoghi di culto, forse come forma di rito di fertilità e del "matrimonio divino" o ierogamia (Fonte Wikipedia).
L’atto sessuale, svolto in ambiente religioso, era quindi di buon auspicio per fini propiziatori. I proventi della prestazione andavano al tempio ed alla prostituta, ritenuta una sorte di sacerdotessa, si tratta quindi di sacro e profano.
Le celle, che stavamo scavando, erano una sorta di monolocali quadrati, messi in fila fila uno di fianco all’altro, con l’ingresso che guardava il mare. Lì abbiamo rinvenuto parte di vasellame a figure rosse di ottima fattura e tanti altri frammenti riconducibili alla vita del santuario. Durante i lavori notai un addetto che faceva disegni del sito, mi avvicinai e mi disse che era l’incaricato per riportare su carta ciò che usciva dal sito. Ci presi confidenza, gli dissi che ero geometra e successivamente, dopo qualche prova, lascio a me sul campo a rilevare le strutture che venivano fuori dagli scavi.
Di tutto quel luogo religioso ormai rimane poco, sia dei templi che del sacello si parla di fondamenta, tutto il resto non è più visibile. Durante la fase di disegno, vicino ad una pietra parzialmente coperta dalla terra, abbiamo rinvenuto una moneta in argento che venne subito catalogata dalla dottoressa dell’Università presente quel giorno. È stata una bella esperienza, che rifarei subito, anche se purtroppo, ritornando sul luogo, ho notato molto di ciò che era stato portato alla luce, vicino al mare, è quasi sparito.