Ben ritrovati in compagnia del nostro amico Sisto per questo secondo appuntamento.

Continuando a dialogare sul periodo preistorico oggi ci occuperemo di un sito vicino Castel del Sasso o semplicemente Sasso, nota frazione del comune di Cerveteri: La Grotta Patrizi.


Sisto: “La Grotta Patrizi prende il nome del suo scopritore nonché proprietario del terreno, il Marchese Saverio Patrizi Naro Montoro, conosciuto anche come un appassionato speleologo.

Nel 1933, a causa di un’alluvione, si aprì una voragine alle pendici del Monte delle Fate. Le prime esplorazioni portarono all’ingresso di una grotta e successivamente al ritrovamento di numerosi reperti datati nel periodo del 3000 AC, ovvero tra la fine dell’età della pietra ed il bronzo iniziale.

Gli scavi iniziarono nel 1949 e durarono a più riprese sino al marzo del 1954. Al suo interno vennero individuate 7 sepolture messe a dimora in modo supino o in posizione fetale. Solo un corpo giaceva a parte circondato da un ricco corredo funebre, composto da materiale ceramico, ossa e pietre. Dopo studi approfonditi sulle sua struttura si è riscontrato che l’individuo era mal formato ed inoltre gli era stato praticata la perforazione del cranio mentre era in vita. Un’altra sepoltura era distinta dalle altre per la rottura intenzionale della cavità. Nella stessa venne ritrovata una macina in pietra, lì probabilmente adagiata, per indicare l’importanza del personaggio.

La Grotta, dimenticata in epoca medioevale, viene menzionata nella galleria delle carte geografiche del Vaticano per una sua seconda apertura, con il nome di Grotta dei Serpenti. Geologicamente è caratterizzata dalla presenza di un flusso di aria calda proveniente dal sottosuolo che garantisce un microclima costante durante tutte le stagioni e quindi una dimora ideale per il riposo invernale dei rettili. Si narra che se un individuo era malato veniva calato al suo per essere avvolto e sanato dai serpenti.

Gli oggetti ritrovati nella grotta, simili per manifattura e tipologia a reperti rinvenuti nella località di Fiorano Modenese, portano gli archeologi alla definizione della cosiddetta cultura Sasso-Fiorano.

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Questa fase della preistoria è caratterizzata dalla fondazione delle comunità stanziali. Il cambiamento dell’alimentazione ne è una delle cause fondamentali. Se un regime prettamente carnivoro portava, durante la caccia, a lunghi spostamenti, l’introduzione dell’agricoltura permise la creazioni dei primi villaggi. Nelle coltivazioni era presente l’orzo, il farro ed il farro piccolo, il grano tenero e forse anche quello duro. Vari legumi come le lenticchie, i piselli e l’erba cicerchiella potevano essere mangiati al naturale o utilizzati per preparare farine, spesso miscelate con quelle di cereali e pezzi di carne. Il lino veniva coltivato per essere filato o per estrarne l’olio dai suoi semi. Inoltre era presente il papavero da oppio, dai cui semi si ricavava nutrimento ed olio mentre il lattice era impiegato per scopi medicinali o allucinogeni, forse legati a pratiche di culto.

Il passaggio dall’età della pietra a quella della lavorazione del metallo fu un grande impulso al cambiamento del nostro territorio, la presenza di rame e stagno forniva alle popolazioni dell’epoca la creazione della prima tra le leghe conosciute, ovvero il bronzo. Tale stimolo portò alla costituzione di importanti villaggi come quello di Vicarello, che abbiamo precedentemente accennato. La presenza di selce scheggiata, non presente nel nostro territorio, sta a dimostrare la discesa di popolazioni dal nord. Altri insediamenti sono presenti nel territorio di Canale Monterano nella Greppa dei Falchi ed a Luni sul Mignone nel comune di Blera, di questi ci occuperemo prossimamente.”